I Borghi grecanici menzionati si trovano in montagna, sono attrattori culturali e naturalistici, hanno ancora delle persone che ci vivono e sono raggiungibili da Bova. Qui non si menzionano i comuni grecanici che si trovano sulla costa (Bova Marina, Brancaeone Marina, Palizzi Marina, Condofuri Marina, San Lorenzo marina, Melito di Porto Salvo...) perchè insediamenti nuovi, in cui l'attrattore turistico principale sono le spiagge e il mare.
Gallicianò (Comune di Condofuri)
Gallicianò è definita l'Acropoli della Magna Grecia: è un piccolo centro situato nel cuore dell'Aspromonte, arroccato sui promontori dell'area grecanica che si affaccia sul versante destro della Fiumara Amendolea e custodisce insieme a Bova la memoria storica dei Greci di Calabria: la lingua grecanica, l'arte della tessitura delle ginestre, dell'intaglio del legno secondo le forme bizantine. E' frazione del Comune di Condofuri, un luogo fermo nel tempo: quaranta abitanti in un grappolo di case sulle rocce affacciate sulla Fiumara Amendolea. Tra gli stretti vicoli ancora si sente parlare in grecanico e la toponomastica è appunto bilingue, come a Bova. Anche se la lingua greca è prevalentemente utilizzata in un ambiente sempre più esclusivamente domestico, grazie al suo isolamento strutturale Gallicianò ha mantenuto intatte le tradizioni culturali, artigianali, musicali e coreutiche e religiose ed ha sviluppato nei suoi abitanti un forte spirito di aggregazione ed ospitalità, caratteristiche peculiari dei Greci di Calabria. A Gallicianò c’è la Chiesetta ortodossa di Panaghìa tis Elladas (Madonna dei Greci) in cui le funzioni vengono celebrate in rito greco-ortodosso. Nonostante sia scarsamente popolato, Gallicianò è un borgo in fermento, riconosciuto come “capitale” della musica, che assieme al canto e alle danze costituisce per gli abitanti di Gallicianò un’autentica arte, coltivata e tramandata di padre in figlio fin dai tempi più antichi. Numerosi sono i turisti culturali che lo visitano, che si fermano a dormire e degustano l’enogastronomia greco calabra nelle tipiche locande del paese. Nel borgo c’è il Museo Etnografico dedicato ad Angela Bogasari Merianoù, la filosofa greca giunta a Gallicianò negli anni ‘70, alla scoperta di questa piccola comunità con cui condivideva le origini. A Gallicianò chi ci vive è fiero della propria terra delle proprie origini magno greche e pronto a raccontare la sua storia mentre accompagna il visitatore per le vie del paese e lo fa dissetare alla Fontana dell’amore (Cannalo Tis Agapi) e riposare nel piccolo anfiteatro all’aperto, dedicato a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli che ha visitato il borgo, affacciato sul magnifico paesaggio della bovesìa in cui si erge in lontananza il Castello dell’Amendolea.
Palizzi Superiore
Suggestivo borgo dal sapore ed atmosfere ancora medievali, Palizzi è pittorescamente raggruppato alla base di una roccia strapiombante e circondato da un lungo ed interminabile sentiero pieno di grotte e megaliti che apre le porte al più vero Parco dell'Aspromonte. Si trova tra i monti Grappidà e Caruso, sotto i ruderi di un imponente Castello di origine medievale, in pietra scura, che sorge su di una rocca sporgente nel mezzo dell'abitato e che è il simbolo del borgo. Interessante anche la Chiesa di S. Anna, con il suo curioso campanile a torre e la caratteristica cupoletta a gradini di foggia bizantina. Fu popolato sin dall’antichità in quanto ricco e fertile: vi è infatti un clima mite, abbondanza di acque sorgive e creta, che veniva lavorata per ottenere vasellame e mattoni. Palizzi è un borgo importantissimo per la sua posizione geografica. La regione dove sorge, infatti, è la parte più estrema della penisola, quella che un tempo veniva chiamata Esperia o Enotria – rispettivamente “terra d’occidente” e “terra del buon vino”– e che poi prese il nome di Italia. Il centro della cittadina è caratterizzato da molti Catoja, che in dialetto calabro vuol dire ambiente sotterraneo (dal greco kàto=sotto, ghèo=terra. katòghio in greco), utilizzati anticamente per conservare nel tempo vivande e come rifugio durante le invasioni di popoli stranieri, ed oggi nelle serate di festa per degustare l'IGT Palizzi vino rosso e secco molto conosciuto. Proprio per questo Palizzi ha aderito all’associazione nazionale Città del Vino.
Staiti
Caratteristico borgo medievale, con le abitazioni disposte a terrazza e il centro storico attraversato da un fitto intrico di viuzze, Staiti sorge a circa 12 chilometri dalla costa nel Parco Aspromonte, circondato da una vera e propria barriera naturale di roccia che, nei secoli passati, si rivelò essere un'eccellente protezione contro le incursioni piratesche. Nacque come Casale di Brancaleone, intorno al 1500, ad opera di contadini e pastori; trasse il nome dalla casata degli Staiti, che su di esso esercitò il dominio feudale. La chiesa parrocchiale di origine medievale, dedicata a Santa Maria della Vittoria in ricordo della vittoria dei Cristiani sui Musulmani nella battaglia di Lepanto, restaurata nel 1967, custodisce una Madonna col Bambino in marmo, opera del Gagini. Nel territorio sorge l'abbazia di Santa Maria dei Tridetti una chiesa bizantina la cui origine è incerta: la leggenda narra che sul posto esisteva un tempio dedicato dai Locresi a Poseidone, dio del mare, informazione suffragata dal ritrovamento di una moneta con il dio raffigurato. Tra il VII e il VIII secolo sullo stesso sito i monaci basiliani fondarono una chiesa greca in onore della Madonna del Tridente (chiara allusione alla divinità del mare), poi tramandato in Tridetti attraverso il dialetto. La Chiesa è citata per la prima volta in un documento del 1060. Da vedere anche i ruderi di un monastero, risalente all'anno Mille, abitato dai primi monaci basiliani rifugiatisi sull'Aspromonte. Di recente istituzione, il Museo dei Santi Italo-Greci di Staiti, con la sua collezione di icone bizantine, è la vera perla del borgo, e vuole essere il completamento di un percorso di recupero delle tradizioni greco-ortodosse della comunità.
San Lorenzo superiore
San Lorenzo è un piccolo comune di origine bizantina caratteristico ed estremamente affascinante, nel quale si continuò a parlare il greco fino alla prima metà del XVIII secolo. Sebbene oggi sia poco abitato, è stato insieme a Bova uno dei comuni più importanti della regione nell’area tra Reggio Calabria e Locri. Nella storia dell’Italia unita quando Garibaldi sbarcò a Melito Porto Salvo, il borgo accolse i fuggiaschi garibaldini dopo il tentativo fallito di conquistare il forte di Altafiumara, proteggendoli dai Borboni e permettendo loro di continuare la liberazione del sud Italia. Simbolo di San Lorenzo è un olmo secolare, posto nella piazza che ospita la Chiesa . È una rarità dal punto di vista botanico, in quanto non si conoscono esemplari paragonabili a quest’albero in tutto il Meridione. a Chiesa Protopapale e quella Dittereale, rispettivamente dedicate a Santa Maria Nives e a Santa Maria della Caramia. Due tesori di origine bizantina che testimoniano il passaggio di diversi popoli conquistatori. Importantissime opere sono conservate nella chiesa Protopapale:la statua in marmo di Santa Maria della Neve, attribuita al Gagini e la statua lignea di San Lorenzo. Ogni 12 agosto una processione porta un'antica icona bizantina da San Lorenzo a San Pantaleone presso il Santuario della Madonna della Cappella.
................................................................................................................................................................................................................
Roccaforte del Greco
In greco Vunì, ovvero monte o montagna, Roccaforte del Greco, si adagia su un’altura scoscesa che regala una panoramica a 360° su tutta la Vallata dell'Amendolea. Il villaggio sorse nell’orbita del monastero di Santissima Trinità, il più interno avamposto bizantino, nei pressi di punta d’Atò, in greco "vetta dell’aquila". Nella chiesa del paese, dedicata a San Rocco, si conserva la statua della Madonna con Bambino, realizzata dopo la latinizzazione della diocesi di Bova. Posizionato su tre costoni rocciosi, il borgo domina la vallata dell’Amendolea. La parte vecchia ospita il Municipio, proprio dove secondo la memoria popolare sorgeva, a ridosso del precipizio, il castello poi franato. Fanno da corona il rione Castello, il rione Borgo e il rione San Carlo, quest’ultimo ormai quasi disabitato.
................................................................................................................................................................................................................
Bagaladi
Il borgo di Bagaladi si trova nella Valle del Tuccio, zona fortemente legata al passato greco-ortodosso della Calabria. Infatti in quest’area su cui si affaccia anche il Borgo di San Lorenzo superiore, ci sono piccole frazioni e contrade che hanno nomi greci, come ad esempio Chorio e Musupuniti, e nomi di santi tipicamente bizantini come San Pantaleone e San Fantino. Bagaladi non è solo una delle due porte di accesso al Parco Nazionale dell’Aspromonte greco (l'altra è Bova), ma è anche un piccolo comune frutto della commistione di numerose culture,a partire dal suo nome, che pare essere di origini arabo-greche. Conosciuto per i numerosi uliveti che ne arricchiscono l’agricoltura erendono il panorama di una bellezza ineguagliabile, è importante per la produzione di uno speciale olio d’oliva raccolto fonte di sostentamento di gran parte della sua popolazione. Bagaladi è situato su una collina ai piedi del Monte San’Angelo, e posa le sue radici, risalenti al X secolo, in un luogo che fu dimora di numerosi monasteri basiliani come la Badìa di San Teodoro, vicinissima al centro abitato, il Monastero di Sant’Angelo, San Fantino e San Michele. Intorno al 1500 il borgo prende la sua attuale denominazione, nome oggetto di dispute storiche rispetto alla sua derivazione. Molti sostengono che venga dall’arabo “Baha-Allah”, ovvero bellezza che viene da Dio, storpiato poi in Vadalà, cognome di una famiglia che risiedeva qui. Nella lingua greca calabrese, infatti, il suffisso -adi è dato in appartenenza a una famiglia. Altri lo riconducono alla grande produzione olearia, un miscuglio di termini latini e greci come “bag” ovvero “vallum-val” e “aladi” cioè olio in greco moderno, e quindi Valle dell’olio.
Motta San Giovanni
Col termine “motta” un tempo si indicava un centro fortificato eretto sulla cima di una rupe, inaccessibile e allo stesso tempo panoramico. L’origine di Motta San Giovanni è però incerta, anche se il centro abitato si è sviluppato intorno al 1500 probabilmente dopo la distruzione della fortezza di S. Niceto, dui cui rimangono interessanti ruderi. Il nucleo originario della fortezza venne realizzato agli inizi dell’XI secolo; venne poi registrato come “castrum” nei registri angioini del 1268 e, nell’anno successivo, venne annoverato tra i 19 castelli della Regia Curia. Numerosi lavori furono eseguiti dagli aragonesi e nel 1459 venne annesso a Reggio. La planimetria irregolare del recinto delimita una vasta area con numerosi ruderi in cui sono leggibili una torre scarpata in funzione di mastio, un edificio addossato alle mura di cinta, un palazzo centrale ed un edificio sacro. Rilevanti sono i resti della cortina muraria con torri poco sporgenti e la porta di ingresso tra due torri quadrate.
Da sempre Motta San Giovanni è nota per la lavorazione artigianale della pietra reggina: una roccia sedimentaria calcarea molto utilizzata in edilizia chiamata "Pietra di Lazzaro".