Entro i 100 Km...
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- Pubblicato Venerdì, 24 Maggio 2013 14:57
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Il Parco Archeologico Archeoderi custodisce significative testimonianze della storia della Calabria, un luogo di culto identificato come un'antica Sinagoga.
La terra di Calabria, con la sua storia millenaria, è stata visitata da tutti i popoli del Mediterraneo. Tutti hanno trovato qui i mezzi di sostentamento, lasciando tracce della loro presenza. Gli ebrei meritano una menzione speciale.
Tracce di insediamenti ebraici in Calabria
Gli ebrei meritano una menzione speciale. La loro presenza in Calabria è testimoniata da numerosi riferimenti, nei documenti e nei tanti utensili domestici che si trovano quasi ovunque nella regione. Ma la prova più sorprendente della loro presenza, e imperdibile per il visitatore, sono le tracce monumentali di un insediamento ebraico conservate nel Parco Archeologico di Archeoderi, a Bova Marina. Questi ebrei vivevano stabilmente in questa punta più meridionale d'Italia, dove costruirono anche una sinagoga. I resti di questa sinagoga sono venuti alla luce nel corso di scavi effettuati per caso. I motivi e le raffigurazioni di un pavimento a mosaico hanno permesso agli archeologi di identificare questo luogo di culto come una Sinagoga.
Archeoderi e la Sinagoga più antica d'Italia, dopo quella di Ostia
È la Sinagoga più antica d'Italia, dopo quella di Ostia: risalente al IV secolo d.C.. I suoi mosaici raffigurano oggetti tipici del culto ebraico, un candelabro a sette bracci, un corno d'ariete, il nodo di Salomone, un cedro. Ma cosa ci faceva una sinagoga nella Calabria più profonda?
San Pasquale - il sito dove è stato costruito - è una baia con tracce antichissime di insediamenti umani. In questo sito si trovavano anche santuari di altri culti. Era quindi un luogo importante, dove la presenza dell'uomo era strettamente legata alla benevolenza delle divinità. In questo luogo, in epoca romana, c'era una stazione di sosta; sono stati ritrovati reperti di abitanti italici precedenti ai Greci; lo stesso nome "Deri" suggerisce il toponimo "Delia", una città di cui non sono ancora state trovate tracce.
Quel che è certo è che una corrente marina che scorre da Alessandria d'Egitto e attraversa il Mediterraneo raggiunge proprio questa parte della costa. La sua posizione naturale potrebbe averla resa il luogo logico per un insediamento ebraico, forse di ebrei alessandrini, che la usavano come punto di approdo prima di ripartire verso il Mediterraneo occidentale e settentrionale.
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Reggio Calabria
Reggio Calabria è situata sulla punta dello "Stivale", alle pendici del Parco Aspromonte, sulla sponda orientale dello Stretto di Messina, da cui gode di uno spettacolare panorama sulla Sicilia, sull'Etna e sulle Isole Eolie. Tradizionalmente chiamata Città della Fata Morgana perché qui si manifesta il raro fenomeno ottico-mitologico della Fata Morgana, durante il quale la costa siciliana sembra distare solo pochi metri rendendo possibile distinguere molto bene case, auto e persone. Reggio è molto nota per i famosi Bronzi di Riace, simbolo delle proprie origini magno greche. Da vedere Museo Archeologico nazionale: considerato uno dei più importanti musei della Magna Grecia, ospita i conosciutissimi Bronzi di Riace, le due sublimi figure di guerriero che rappresentano l'immagine ideale della cultura greca classica, in cui il corpo umano, naturalmente perfetto, diventa manifestazione dell'armonia dell'universo. Lungomare Falcomatà: definito da Gabriele D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia" è popolato da palme, magnolie, fiori e piante esotiche che formano un lunghissimo giardino botanico e uno scenario ideale per eventi e spettacoli di ogni tipo. Il viale è adornato da palazzi in stile liberty ed arricchito da elementi che, indirettamente, tracciano la storia della città, quali i numerosi monumenti commemorativi, una fontana monumentale ed alcuni siti archeologici, testimonianza dell'antichità greco-romana. Corso Garibaldi: animata e piena di negozi, la principale arteria cittadina rappresenta il nuovo volto della città. Il Duomo di Reggio Calabria: è la chiesa più grande della Calabria con la sua bianca e luminosa facciata, scandita da semicolonne, animata da bifore e archetti, decorata da rosone e rilievi. Al suo interno la cappella del S.S. Sacramento rappresenta c on i suoi marmi policroni 'espressione più significativa del barocco reggino. Il Castello Aragonese: di origine molto antica oggi rimangono solo le due torri cilindriche merlate che gli conferiscono il caratteristico aspetto "aragonese".
I Bronzi di Riace si trovano presso il MARC di Reggio Calabria
Il ritrovamento e il recupero dei Bronzi di Riace: la storia moderna dei due Bronzi inizia il 16 agosto 1972, quando i Carabinieri recuperano due statue di bronzo sul fondale marino al largo di Porto Forticchio di Riace Marina - sulla costa ionica della Città Metropolitana di Reggio Calabria - su segnalazione di un subacqueo romano, Stefano Mariottini. Nei pressi del sito in cui giacevano i Bronzi non c'erano altri manufatti antichi che potessero contenere qualche indizio su come fossero finiti lì. Era l'inizio del grande mistero dei Guerrieri di Riace, ancora da risolvere.
Porto Forticchio dove sono stati ritrovati i Bronzi di Riace
Le operazioni di salvataggio furono coordinate da Porto Forticchio da Giuseppe Foti, allora responsabile della Direzione per i Beni Archeologici della Calabria. Porto Forticchio è un antico porto, con tracce di un antico frangiflutti e una torre di epoca angioina costruita su una delle colline circostanti. La torre fungeva da postazione fiscale per le merci che entravano nel Regno di Sicilia via mare.
Restauri di bronzi. Il trasferimento a Firenze
Dopo un primo intervento di restauro condotto presso il Museo di Reggio, nel gennaio 1975 i due Bronzi furono trasferiti a Firenze, dove furono affidati alle mani e alle cure di due restauratori, Renzo Giachetti ed Edilberto Formigli. Questi ultimi impiegarono un anno intero per pulire a fondo le statue e acquisire i dati fondamentali su di esse. I lavori di restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze sono durati 5 anni.
I Bronzi furono infine esposti al pubblico in una mostra tenutasi al Museo Archeologico di Firenze dal 15 dicembre 1980 al 24 giugno dell'anno successivo. La mostra ebbe un enorme successo, tanto che Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, chiese che le due statue facessero tappa a Roma, al Quirinale, tra il 29 giugno e il 12 luglio 1981, sulla via del ritorno a Reggio. I due bronzi riscossero un'enorme popolarità e successo sia a Roma che poi in patria, al Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio.
Altri due restauri a Reggio Calabria
Come già osservato durante i primi lavori di restauro, la presenza di sabbia da stampo all'interno delle due statue è sempre stato il loro problema principale. Questa sabbia, come una spugna, assorbiva da secoli acqua salmastra che continuava a rilasciare, contribuendo così al graduale e costante decadimento del bronzo.Per ovviare a questo problema, a Reggio sono stati allestiti due diversi cantieri di restauro: uno, presso il Museo, tra il 1992 e il 1995, in cui sono state impiegate attrezzature meccaniche innovative; e un secondo, presso la sede del Consiglio regionale della Calabria, tra il 2010 e il 2013, in cui i bronzi sono stati completamente svuotati della vecchia argilla che ancora contenevano. Dopo questo processo, entrambe le statue hanno perso la metà del peso che avevano al momento della scoperta.
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Gerace
Definito tra i “più bei borghi d’Italia”, Gerace è uno dei centri più ricchi di storia della Calabria e d’Italia, dove storia, leggenda e mito convivono senza tempo. Entrando nell’abitato si incontra dapprima il Borgo, con le sue botteghe di ceramisti scavate nel tufo, e successivamente si raggiunge il centro storico che conserva scorci di grande suggestione e gioielli architettonici. Un borgo tutto da scoprire ed assaporare dove fascino ed arte di Gerace continuano lungo le piazzette, le stradine, i muri delle case e dei palazzi pieni di storia. Da visitare Cattedrale medioevale - La chiesa più vasta di tutta la Calabria, innalzata nell’ultimo periodo bizantino e terminata nella prima età normanna. L’interno, grandioso e suggestivo, a croce latina, è diviso in tre navate da due file di 10 colonne, provenienti in parte da Locri Epizefiri, diverse fra loro per qualità, tipologia e dimensioni. Suggestiva la cripta dove è collocato il Museo del tesoro. Chiesa medioevale di San Francesco - Costruita nel 1252 e situata nella suggestiva piazza delle tre Chiese, la chiesa di San Francesco offre al visitatore uno stupendo altare interamente intarsiato in marmi, nonché un sarcofago medioevale di Nicola Ruffo. Di bellissima fattura il bel portale gotico di ingresso. Castello medioevale - Costruito nel XII secolo, il castello si trova nella parte più alta del borgo antico da dove si dominano tutte le vallate intorno a Gerace. Chiese bizantine di San Giovannello e dell’Annunziata - Situate nelle suggestiva piazza delle Tre Chiese (la terza chiesa è quella di San Francesco), hanno origine nel periodo bizantino. Significativo il tetto della chiesa dell’Annunziata realizzata in maioliche locali. Chiesa Santa Maria del Mastro - Solenne ed austera nei suoi volumi, la chiesa a pianta centrale, sorge nella suggestiva Piazza della Repubblica, situata, nel Borgo maggiore, all’ingresso di Gerace. Le “Bombarde” - la passeggiata di Gerace, ricavata nell’orto dell’Antico Convento di Sant’Anna ora adibito ad albergo. Le porte medioevali - Gerace contava ben dodici porte, quattro esistono ancora e sono Porta dei vescovi o della meridiana (addossata alla Cattedrale), Porta di Santa Lucia, Porta maggiore e Porta del sole. Piazza del Tocco - la piazza principale della citta, così chiamata perché qui si trovava la loggia dove si concludevano gli affari. Qui sorge il Municipio.
Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri si trova nella Locride, una delle località turistiche, dopo l’Area Grecanica, più attraenti sia per i suoi paesaggi che per la sua storia.
L'area è stata abitata fin dall'Età del Ferro, come documenta il ritrovamento di numerose tombe a camera in diverse necropoli dell'entroterra. Qui i coloni greci sperimentarono forme di convivenza pacifica - ad esempio a Gerace - o di duro scontro - ad esempio a Roccella, dove sono state rinvenute testimonianze archeologiche di violenti scontri con le popolazioni autoctone. L'antica colonia di Locri finì per governare un'area molto vasta che, dalle coste del basso Ionio, avrebbe fondato e governato colonie fino alle pendici tirreniche dell'Aspromonte.
La casa dei Leoni
Nella parte sud-orientale della città, nel quartiere Centocamere, si può visitare un santuario dell'inizio del V secolo a.C. dedicato ad Afrodite, poi inglobato in una ricca casa del IV-III secolo a.C., la cosiddetta Casa dei Leoni. Secondo gli archeologi, la casa era un santuario dedicato ad Adone. Poco più avanti si trova un portico a forma di U, con numerosi pozzi votivi. Potrebbe essere stata una foresteria per i pellegrini o un luogo di prostituzione sacra. Accanto si trova il quartiere Centocamere, protetto da un segmento di muro e da due porte, risalenti al periodo ellenistico. In quest'area si trovano numerose fornaci di diverse tipologie, anche di grandi dimensioni.
Casino Macrì
Proseguendo verso ovest, si incontra per primo il Casino Macrì, una grande casa padronale del XIX secolo che incorpora una vasca romana, il cui frigidarium si sovrapponeva a un isolato della città greca, con i resti di una strada e di alcune abitazioni. Più tardi, tra il II e il VI secolo d.C., l'area del Casino fu adibita ad abitazioni. Scendendo ancora, si arriva a Petrara, la città romana di Locri, con case, strade e il foro cittadino.
Teatro di Locri
Sulle pendici della collina Cusemi, poco più in alto di Dromo, si può visitare il teatro greco-romano di Locri, costruito intorno alla metà del IV secolo a.C.. In epoca romana fu adattato per ospitare spettacoli di gladiatori che combattevano contro bestie feroci. Le file inferiori furono rimosse per erigere un muro a protezione del pubblico. Durante la ristrutturazione furono costruiti anche dei muri perimetrali per contenere la cavea e furono conficcati dei pali di legno nel terreno per erigere un tetto di velum per nascondere gli spettatori dal sole.
Scilla e il borgo di Chianalea
Uno tra i borghi marinari della Calabria più belli e caratteristici d'Italia, situato tra il mare Tirreno e le pendici dell'Aspromonte e con una spettacolare vista sullo stretto di Messina e sulle isole Eolie. E al tramonto il mare, incredibilmente limpido, assume quelle incredibili tonalità che hanno valso a questo tratto di litorale il nome di Costa Viola. La principale attività economica è ovviamente il turismo; conserva una certa importanza la pesca, in particolare del pescespada. Si producono cereali, olive, agrumi, vini e frutta, si praticano pastorizia e allevamento di bovini e suini; sviluppati l'industria boschiva e l'artigianato. Da vedere. Chianalea, storico rione dei pescatori, letteralmente adagiato sul pelo dell'acqua: un'unica lunga viuzza profumata dai gelsomini si snoda tra le case appollaiate sugli scogli e battute dal Tirreno durante le mareggiate invernali. Il Castello Ruffo di Scilla, edificato nel XIV sec. sui resti di un monastero basiliano con funzioni anti-saracene fu residenza dei Ruffo antica e nobile famiglia calabrese. Le sue Chiese: la cinquecentesca chiesa di San Francesco da Paola, la Chiesa Madre dello Spirito Santo, esempio di stile barocco settecentesco, la Chiesa dell'Immacolata e la Chiesa del patrono San Rocco.
Stilo
Stilo, alle pendici del Monte Consolino, dette i natali a Tommaso Campanella. Centro di storia e cultura tra i più rappresentativi di tutta la Calabria. Borghi, chiese, monumenti e la cattedrale detta Cattolicaesempio unico di arte bizantina. Tra le manifestazioni, il Palio di Ribusa, rievocazione storica. Spettacolare borgo medioevale è famoso anche per la celebre Cattolica di Stilo vero gioiello d'arte ed architettura Bizantina, patrimonio UNESCO, incastonata nella roccia viva in uno dei punti più belli e panoramici del paese, dal quale si potrà ammirare la vallata dello Stilaro e l'assolato paesino, che come in un quadro di Guttuso si presenta con le case coi tetti coperti dalle caratteristiche "ceramidi" tra il verde dei fichi d'india e l'azzurro del mare. Il centro storico ci regala, inoltre, raffinate opere come Il Duomo, (XIII sec.), con bellissimo portale Gotico con piccole colonnine lisce e tortili ed eleganti bassorilievi in stile romanico, La "Fontana dei Delfini" di chiara matrice orientale, il maestoso Convento di San Domenico, la medievale Porta Stefanina, la chiesa di San Francesco una delle più belle chiese del '700 calabrese, la Chiesa di San Giovanni Therestis stupenda realizzazione Barocco e tanti bellissimi scorci.
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Parco Archeologico di Monasterace Marina e Museo di Caulonia
Il maestoso tempio dorico di Monasterace
La scoperta dell'antica colonia achea di Kaulon si deve al lavoro del grande archeologo Paolo Orsi. Egli fu il primo, all'inizio del XX secolo, a individuare il sito nell'attuale Punta Stilo, poco a nord dell'odierna Monasterace Marina. Durante la costruzione del faro di Punta Stilo, furono rinvenute terrecotte architettoniche alla base della collina su cui doveva sorgere il faro.
Oggi il sito ospita il Parco Archeologico di Monasterace Marina. Il sito presenta una notevole quantità di reperti visibili in superficie, tra cui un maestoso tempio dorico, risalente al V secolo a.C., con un basamento in arenaria perfettamente conservato. L'edificio - lungo 41 metri e largo 18,20 metri - presentava una cella con pronao, un portico d'ingresso anteriore e scale che salivano al tetto realizzate con tegole di marmo di Paros.
I mosaici unici di Monasterace
Questo parco archeologico ospita anche un'esposizione museale che ricostruisce la storia dell'antica colonia. Di particolare rilievo sono due mosaici di straordinaria bellezza, entrambi raffiguranti un drago. Uno di essi, con i suoi 25 metri quadrati di superficie, è ritenuto uno dei più grandi mosaici mai rinvenuti in Europa. Altri manufatti di notevole interesse sono la "Tabula Cauloniensis" , una tavoletta dedicata a Zeus, risalente al V secolo a.C. e scritta in alfabeto acheo, e numerose monete d'argento. La polis di Kaulon fu infatti la prima al mondo a coniare monete con questo metallo prezioso, che all'epoca veniva estratto nell'entroterra della valle dello Stilaro.
L'antica Kaulon sommersa
I reperti archeologici emersi a causa dell'erosione costiera hanno stimolato campagne di scavo subacqueo che hanno portato alla luce il sito dell'antica Kaulon sommersa. Sono stati rinvenuti numerosi elementi architettonici, tra cui fusti di colonne finemente decorate provenienti da templi ed edifici in stile dorico.
Le spiagge
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- Ultima modifica il Venerdì, 23 Febbraio 2024 14:14
- Pubblicato Venerdì, 24 Maggio 2013 14:48
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LE SPIAGGE
La Calabria, con i suoi 800 km di costa, attrae ogni anno una sempre maggiore presenza di turisti. La morfologia del litorale calabrese, dalla sabbia finissima alle scogliere, le numerose spiagge libere, e le coste incontaminate e selvagge , offrono molteplici opportunità di balneazione . La Vacanza nel mare della Calabria permette di poter scegliere tra numerose opportunità, dove il connubio mare cristallino, borghi marinari, spiagge incontaminate, vicinanza con le catene montuose, assume un aspetto unico nell’intero territorio Italiano. Le spiagge dell'area grecanica sono sul Mar Ionio ed hanno di fronte la Sicilia, da cui sono separate dal Canale di Sicilia. il panorama all'orizzonte, come per i borghi è l'Etna, Sono per lo più spiagge libere, a ridosso della ferrovia, e prossime al centro costiero e ai servizi, facilmente accessibili e poco frequentate, ideali per chi cerca la pace, la tranquillità e il contatto con la natura.
IL TARTANET DI BRANCALEONE MARINA
: la spiaggia di Brancaleone Marina rappresenta l’ambiente ideale per la deposizione delle tartarughe, qui si trova infatti uno dei siti di nidificazione più regolari e produttivi di Caretta Caretta. Il Centro di recupero delle Tartarughe Marine Brancaleone effettua il monitoraggio dei siti di nidificazione, il recupero e la cura degli esemplari catturati accidentalmente anche attraverso settimane estive dedicate ai giovani. Inoltre con il coinvolgimento dei pescatori, conduce la sperimentazione e l'applicazione di sistemi di pesca a basso impatto.
I Borghi Grecanici
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- Ultima modifica il Mercoledì, 26 Marzo 2025 19:05
- Pubblicato Giovedì, 23 Maggio 2013 15:27
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I Borghi grecanici menzionati si trovano in montagna, sono attrattori culturali e naturalistici, hanno ancora delle persone che ci vivono e sono raggiungibili da Bova. Qui non si menzionano i comuni grecanici che si trovano sulla costa (Bova Marina, Brancaeone Marina, Palizzi Marina, Condofuri Marina, San Lorenzo marina, Melito di Porto Salvo...) perchè insediamenti nuovi, in cui l'attrattore turistico principale sono le spiagge e il mare.
Gallicianò (Comune di Condofuri)
Gallicianò è definita l'Acropoli della Magna Grecia: è un piccolo centro situato nel cuore dell'Aspromonte, arroccato sui promontori dell'area grecanica che si affaccia sul versante destro della Fiumara Amendolea e custodisce insieme a Bova la memoria storica dei Greci di Calabria: la lingua grecanica, l'arte della tessitura delle ginestre, dell'intaglio del legno secondo le forme bizantine. E' frazione del Comune di Condofuri, un luogo fermo nel tempo: quaranta abitanti in un grappolo di case sulle rocce affacciate sulla Fiumara Amendolea. Tra gli stretti vicoli ancora si sente parlare in grecanico e la toponomastica è appunto bilingue, come a Bova. Anche se la lingua greca è prevalentemente utilizzata in un ambiente sempre più esclusivamente domestico, grazie al suo isolamento strutturale Gallicianò ha mantenuto intatte le tradizioni culturali, artigianali, musicali e coreutiche e religiose ed ha sviluppato nei suoi abitanti un forte spirito di aggregazione ed ospitalità, caratteristiche peculiari dei Greci di Calabria. A Gallicianò c’è la Chiesetta ortodossa di Panaghìa tis Elladas (Madonna dei Greci) in cui le funzioni vengono celebrate in rito greco-ortodosso. Nonostante sia scarsamente popolato, Gallicianò è un borgo in fermento, riconosciuto come “capitale” della musica, che assieme al canto e alle danze costituisce per gli abitanti di Gallicianò un’autentica arte, coltivata e tramandata di padre in figlio fin dai tempi più antichi. Numerosi sono i turisti culturali che lo visitano, che si fermano a dormire e degustano l’enogastronomia greco calabra nelle tipiche locande del paese. Nel borgo c’è il Museo Etnografico dedicato ad Angela Bogasari Merianoù, la filosofa greca giunta a Gallicianò negli anni ‘70, alla scoperta di questa piccola comunità con cui condivideva le origini. A Gallicianò chi ci vive è fiero della propria terra delle proprie origini magno greche e pronto a raccontare la sua storia mentre accompagna il visitatore per le vie del paese e lo fa dissetare alla Fontana dell’amore (Cannalo Tis Agapi) e riposare nel piccolo anfiteatro all’aperto, dedicato a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli che ha visitato il borgo, affacciato sul magnifico paesaggio della bovesìa in cui si erge in lontananza il Castello dell’Amendolea.
Palizzi Superiore
Suggestivo borgo dal sapore ed atmosfere ancora medievali, Palizzi è pittorescamente raggruppato alla base di una roccia strapiombante e circondato da un lungo ed interminabile sentiero pieno di grotte e megaliti che apre le porte al più vero Parco dell'Aspromonte. Si trova tra i monti Grappidà e Caruso, sotto i ruderi di un imponente Castello di origine medievale, in pietra scura, che sorge su di una rocca sporgente nel mezzo dell'abitato e che è il simbolo del borgo. Interessante anche la Chiesa di S. Anna, con il suo curioso campanile a torre e la caratteristica cupoletta a gradini di foggia bizantina. Fu popolato sin dall’antichità in quanto ricco e fertile: vi è infatti un clima mite, abbondanza di acque sorgive e creta, che veniva lavorata per ottenere vasellame e mattoni. Palizzi è un borgo importantissimo per la sua posizione geografica. La regione dove sorge, infatti, è la parte più estrema della penisola, quella che un tempo veniva chiamata Esperia o Enotria – rispettivamente “terra d’occidente” e “terra del buon vino”– e che poi prese il nome di Italia. Il centro della cittadina è caratterizzato da molti Catoja, che in dialetto calabro vuol dire ambiente sotterraneo (dal greco kàto=sotto, ghèo=terra. katòghio in greco), utilizzati anticamente per conservare nel tempo vivande e come rifugio durante le invasioni di popoli stranieri, ed oggi nelle serate di festa per degustare l'IGT Palizzi vino rosso e secco molto conosciuto. Proprio per questo Palizzi ha aderito all’associazione nazionale Città del Vino.
Staiti
Caratteristico borgo medievale, con le abitazioni disposte a terrazza e il centro storico attraversato da un fitto intrico di viuzze, Staiti sorge a circa 12 chilometri dalla costa nel Parco Aspromonte, circondato da una vera e propria barriera naturale di roccia che, nei secoli passati, si rivelò essere un'eccellente protezione contro le incursioni piratesche. Nacque come Casale di Brancaleone, intorno al 1500, ad opera di contadini e pastori; trasse il nome dalla casata degli Staiti, che su di esso esercitò il dominio feudale. La chiesa parrocchiale di origine medievale, dedicata a Santa Maria della Vittoria in ricordo della vittoria dei Cristiani sui Musulmani nella battaglia di Lepanto, restaurata nel 1967, custodisce una Madonna col Bambino in marmo, opera del Gagini. Nel territorio sorge l'abbazia di Santa Maria dei Tridetti una chiesa bizantina la cui origine è incerta: la leggenda narra che sul posto esisteva un tempio dedicato dai Locresi a Poseidone, dio del mare, informazione suffragata dal ritrovamento di una moneta con il dio raffigurato. Tra il VII e il VIII secolo sullo stesso sito i monaci basiliani fondarono una chiesa greca in onore della Madonna del Tridente (chiara allusione alla divinità del mare), poi tramandato in Tridetti attraverso il dialetto. La Chiesa è citata per la prima volta in un documento del 1060. Da vedere anche i ruderi di un monastero, risalente all'anno Mille, abitato dai primi monaci basiliani rifugiatisi sull'Aspromonte. Di recente istituzione, il Museo dei Santi Italo-Greci di Staiti, con la sua collezione di icone bizantine, è la vera perla del borgo, e vuole essere il completamento di un percorso di recupero delle tradizioni greco-ortodosse della comunità.
San Lorenzo superiore
San Lorenzo è un piccolo comune di origine bizantina caratteristico ed estremamente affascinante, nel quale si continuò a parlare il greco fino alla prima metà del XVIII secolo. Sebbene oggi sia poco abitato, è stato insieme a Bova uno dei comuni più importanti della regione nell’area tra Reggio Calabria e Locri. Nella storia dell’Italia unita quando Garibaldi sbarcò a Melito Porto Salvo, il borgo accolse i fuggiaschi garibaldini dopo il tentativo fallito di conquistare il forte di Altafiumara, proteggendoli dai Borboni e permettendo loro di continuare la liberazione del sud Italia. Simbolo di San Lorenzo è un olmo secolare, posto nella piazza che ospita la Chiesa . È una rarità dal punto di vista botanico, in quanto non si conoscono esemplari paragonabili a quest’albero in tutto il Meridione. a Chiesa Protopapale e quella Dittereale, rispettivamente dedicate a Santa Maria Nives e a Santa Maria della Caramia. Due tesori di origine bizantina che testimoniano il passaggio di diversi popoli conquistatori. Importantissime opere sono conservate nella chiesa Protopapale:la statua in marmo di Santa Maria della Neve, attribuita al Gagini e la statua lignea di San Lorenzo. Ogni 12 agosto una processione porta un'antica icona bizantina da San Lorenzo a San Pantaleone presso il Santuario della Madonna della Cappella.
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Roccaforte del Greco
In greco Vunì, ovvero monte o montagna, Roccaforte del Greco, si adagia su un’altura scoscesa che regala una panoramica a 360° su tutta la Vallata dell'Amendolea. Il villaggio sorse nell’orbita del monastero di Santissima Trinità, il più interno avamposto bizantino, nei pressi di punta d’Atò, in greco "vetta dell’aquila". Nella chiesa del paese, dedicata a San Rocco, si conserva la statua della Madonna con Bambino, realizzata dopo la latinizzazione della diocesi di Bova. Posizionato su tre costoni rocciosi, il borgo domina la vallata dell’Amendolea. La parte vecchia ospita il Municipio, proprio dove secondo la memoria popolare sorgeva, a ridosso del precipizio, il castello poi franato. Fanno da corona il rione Castello, il rione Borgo e il rione San Carlo, quest’ultimo ormai quasi disabitato.
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Bagaladi
Il borgo di Bagaladi si trova nella Valle del Tuccio, zona fortemente legata al passato greco-ortodosso della Calabria. Infatti in quest’area su cui si affaccia anche il Borgo di San Lorenzo superiore, ci sono piccole frazioni e contrade che hanno nomi greci, come ad esempio Chorio e Musupuniti, e nomi di santi tipicamente bizantini come San Pantaleone e San Fantino. Bagaladi non è solo una delle due porte di accesso al Parco Nazionale dell’Aspromonte greco (l'altra è Bova), ma è anche un piccolo comune frutto della commistione di numerose culture,a partire dal suo nome, che pare essere di origini arabo-greche. Conosciuto per i numerosi uliveti che ne arricchiscono l’agricoltura erendono il panorama di una bellezza ineguagliabile, è importante per la produzione di uno speciale olio d’oliva raccolto fonte di sostentamento di gran parte della sua popolazione. Bagaladi è situato su una collina ai piedi del Monte San’Angelo, e posa le sue radici, risalenti al X secolo, in un luogo che fu dimora di numerosi monasteri basiliani come la Badìa di San Teodoro, vicinissima al centro abitato, il Monastero di Sant’Angelo, San Fantino e San Michele. Intorno al 1500 il borgo prende la sua attuale denominazione, nome oggetto di dispute storiche rispetto alla sua derivazione. Molti sostengono che venga dall’arabo “Baha-Allah”, ovvero bellezza che viene da Dio, storpiato poi in Vadalà, cognome di una famiglia che risiedeva qui. Nella lingua greca calabrese, infatti, il suffisso -adi è dato in appartenenza a una famiglia. Altri lo riconducono alla grande produzione olearia, un miscuglio di termini latini e greci come “bag” ovvero “vallum-val” e “aladi” cioè olio in greco moderno, e quindi Valle dell’olio.
Motta San Giovanni
Col termine “motta” un tempo si indicava un centro fortificato eretto sulla cima di una rupe, inaccessibile e allo stesso tempo panoramico. L’origine di Motta San Giovanni è però incerta, anche se il centro abitato si è sviluppato intorno al 1500 probabilmente dopo la distruzione della fortezza di S. Niceto, dui cui rimangono interessanti ruderi. Il nucleo originario della fortezza venne realizzato agli inizi dell’XI secolo; venne poi registrato come “castrum” nei registri angioini del 1268 e, nell’anno successivo, venne annoverato tra i 19 castelli della Regia Curia. Numerosi lavori furono eseguiti dagli aragonesi e nel 1459 venne annesso a Reggio. La planimetria irregolare del recinto delimita una vasta area con numerosi ruderi in cui sono leggibili una torre scarpata in funzione di mastio, un edificio addossato alle mura di cinta, un palazzo centrale ed un edificio sacro. Rilevanti sono i resti della cortina muraria con torri poco sporgenti e la porta di ingresso tra due torri quadrate.
Da sempre Motta San Giovanni è nota per la lavorazione artigianale della pietra reggina: una roccia sedimentaria calcarea molto utilizzata in edilizia chiamata "Pietra di Lazzaro".
I borghi fantasma
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- Ultima modifica il Venerdì, 23 Febbraio 2024 13:59
- Pubblicato Venerdì, 24 Maggio 2013 14:41
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Borgo di Pentedattilo (Comune di Melito Porto Salvo)
Uno dei più caratteristici e suggestivi paesi abbandonati della Calabria, situato a ridosso dell'Aspromonte e nel cuore dell'area grecanica calabrese, Pentedattilo sorge arroccato sulla rupe del Monte Calvario, dalla caratteristica forma che ricorda quella di una ciclopica mano con cinque dita e da cui deriva il nome. Pentedattilo è parte del territorio comunale di Motta San Giovanni (RC). La suggestiva passeggiata tra le silenziose vie delll’antico “borgo fantasma” permetterà tra l’altro di ammirare: i ruderi dell’antico Castello e di interessanti edifici sacri, il pinnacolo della montagna, alla quale si adagia il paese, somigliante al pollice della mano.
Borgo di Roghudi VecchioSituato sulle pendici meridionali dell'Aspromonte nella Calabria greca, l'abitato di Roghudi Vecchio è stato completamente abbandonato a seguito di due fortissime alluvioni avvenute nel 1971 e nel 1973, date nelle quali l'abitato, fino ad allora sede comunale, fu dichiarato totalmente inagibile. Lo scenario è mozzafiato. Il borgo, circondato dalle montagne, si sdraia a più di 500 m. di altezza sul crinale di una collina, che svetta nel mezzo della fiumara Amendolea. A poca distanza si trovano due formazioni geologiche degne di nota: le caldaie del latte e la Rocca del Drago. Sono rocce modellate nel tempo dal vento, dalla pioggia e dal ghiaccio, fino a diventare interessanti monumenti naturali, monoliti dell' Aspromonte Unesco Global Geopark
Borgo di Brancaleone Superiore
Nel Medioevo fu un borgo fortificato ed appartenne a vari feudatari, ma ora è quasi completamente abbandonato a causa delle alluvioni e frane che lo colpirono. Brancaleone superiore fu luogo di ispirazione letteraria, in pagine particolarmente significative per lo scrittore Cesare Pavese, inviato al confino proprio a Brancaleone dal regime fascista (1935-1936). Da vedere, nel silenzio del borgo fantasma e nelle zone vicine:
La "chiesa Nuova" del 1939 con pianta a croce latina.
Le grotte, probabilmente i resti di un complesso monastico.
I ruderi del paese, con i resti dell'antica chiesa dell'Annunziata (1500).
Una chiesetta rupestre, con un affresco bizantineggiante, tuttora oggetto di culto.
Borgo di Africo Vecchio
Il nome pare derivi da afrikos, cioè "esposto al sole", oppure dal nome di un vento di libeccio. Il sito di Africo Vecchio fu abbandonato in seguito alle alluvioni del 1951 e del 1953, che costrinsero la popolazione locale a lasciare la montagna per dare vita ad un nuovo insediamento sul mare, in prossimità di Bianco, dove sorge l'odierna Africo Nuovo. Nel paese vecchio, raggiungibile percorrendo la strada che collega Bova ai Campi di Bova, si trova la chiesetta di San Leo, piccolo edificio rettangolare di origine basiliana, riedificato nel XVII sec.